Perché il progetto Faber in Mente

I numeri sulla salute mentale

Nel mondo

Recentemente, l’OMS ha effettuato uno studio per valutare la diffusione delle malattie nel mondo ed i relativi costi socio-economici. Lo studio ha evidenziato che i disturbi relativi alle malattie mentali rivestono un’importanza crescente in tutti i Paesi industrializzati sia per il numero dei soggetti colpiti, sia per l’elevato carico di disabilità e di costi economici e sociali che comportano per le persone colpite e per i loro familiari. Sono, infatti, circa 450 milioni le persone che in tutto il mondo soffrono di disturbi neurologici, mentali e comportamentali. In Europa, la mortalità per suicidio è più elevata di quella per incidenti stradali, e il solo disturbo depressivo maggiore rende conto del 6% del carico di sofferenza e disabilità legati alle malattie. L’impatto economico della morbilità psichiatrica è molto elevato, con stime conservative pari al 3-4% del PEL dell’Unione Europea. (Ministero della Salute 11/10/2013)

I disturbi mentali riguardano quasi il 12% della popolazione mondiale. Pertanto, ogni anno, le Nazioni Unite, attraverso l’OMS, partecipano attivamente nella promozione di questo evento in quanto vi è la necessità di fare della salute mentale una priorità globale investendo maggiori fondi al fine di sensibilizzare i cittadini sul tema. (Rapporto 2010 dell’OMS su “Salute Mentale e sviluppo”)

In Italia

I dati Istat relativi agli anni 2009 e 2010 evidenziano una prevalenza “riferita” di disturbi mentali (classificati come “disturbi nervosi”) che è intorno al 4,3% per la popolazione totale e sale al 9,8% per gli ultra-sessantacinquenni. Le donne registrano in genere un rischio più alto, quasi il doppio di quello maschile. (Rapporto Istat)

Disturbi d’ansia, depressione, disturbi dell’umore e del comportamento alimentare. Saranno queste le malattie psichiche più diffuse nella popolazione italiana nel 2015 che colpiranno un italiano su quattro. È il dato più allarmante emerso dal dibattito sul futuro delle malattie mentali in Italia che si è tenuto oggi a Genova nell’ambito del congresso nazionale di Fenascop, la federazione nazionale delle comunità che si occupano della cura e del disagio psichico. (ANSA  14 aprile 2012)

In Italia, studi recenti condotti sia a livello nazionale che locale, hanno mostrato che la prevalenza annuale dei disturbi mentali nella popolazione generale è dell’8% circa ed un recente sondaggio, condotto su un campione di psichiatri italiani, ha riscontrato un aumento rispetto a dieci anni fa della frequenza con cui vari disturbi mentali giungono all’osservazione clinica. (Ministero della Salute. 11/10/2013)

In Italia – I disturbi alimentari compaiono con la maggiore frequenza durante l’adolescenza o la prima età adulta, ma possono anche svilupparsi durante l’infanzia o nella tarda età adulta. Le donne e le ragazze hanno maggiori probabilità dei maschi di sviluppare un disturbo alimentare, ma anche i ragazzi e gli uomini possono presentare qualsiasi tipo di disturbo alimentare. Anoressia nervosa: tra lo 0.3 e l’1% delle giovani donne sono anoressiche (il che rende l’anoressia diffusa quanto l’autismo); Bulimia nervosa: dall’1 al 3% delle giovani donne presenta bulimia nervosa; Disturbo da alimentazione incontrollata: circa il 3% della popolazione presenta questo disturbo. Tra il 4% e il 20% delle giovani donne presenta schemi alimentari non sani come stare a dieta, mettere in atto comportamenti di eliminazione e abbuffarsi. Attualmente, circa una giovane donna su 20 nella popolazione generale ha un disturbo alimentare (Rapporto Istat)

I dati specifici di Milano, tipici delle grandi metropoli, evidenziano una percentuale di cittadini con problemi psichici vicino al 14%. In particolare si stima che siano circa 320.000 le persone che soffrono di vari disturbi d’ansia di cui il 65% (208.000 circa) sono donne. Oscillano tra 22.000 e 55.000 le persone che soffrono di disturbo panico e il 70% (tra 15.000 e 38.000) sono donne. Da un’indagine condotta nei Pronto Soccorsi di Milano nel marzo 2007 risulta che il 20% degli accessi con valutazione dello psichiatra è rappresentato da persone affette da disturbo d’ansia, soprattutto disturbo panico. L’età media di questi soggetti è di 36,7 anni con una prevalenza di donne (62,5%). Nella stragrande maggioranza si recano spontaneamente al pronto soccorso, anche se in un 25% di casi sono trasportati dal 118. I disturbi d’ansia si presentano insieme a: abuso di farmaci (27%); problema di dipendenza alcolica (38%); altri disturbi psichici (62% depressione, 42% distimia). Per quanto riguarda l’uso di psicofarmaci il dato relativo alla città è di 80.000 soggetti con almeno una prescrizione di psicofarmaci in un anno. Maggiori consumatori sono le donne in un rapporto di 2 a 1. Circa il 15% della popolazione maggiorenne a Milano dichiara di essersi rivolta ad uno psicologo in un qualche momento della propria vita. In città le persone seguite dai venti Centri Psico Sociali, che afferiscono ai sei Dipartimenti di Salute Mentale delle Aziende Ospedaliere cittadine, sono circa 17.500 (Fonte Piani di Zona 2009 -2011)

Incremento e cause

L’incremento, ha detto Giovanni Giusto, presidente nazionale di Fenascop, «è drammatico e legato al crollo delle certezze a causa della crisi economica. Chi perde il lavoro, così come chi ha un’azienda in difficoltà è disperato e il dato di 7 suicidi ogni 100 mila abitanti fotografa un dramma in piena crescita». (ANSA 14/04/2012)

I dati dell’Osservatorio Nazionale (OSMED) evidenziano che il consumo di antidepressivi nell’ultimo decennio (2000-2009) ha avuto un incremento medio annuo del 15,6%, con un aumento dal 16,2% di DDD per 1.000 abitanti del 2001 al 34,7% del 2009. (Rapporto Istat)

I dati provenienti dal “Rapporto annuale sull’attività dei ricoveri ospedalieri – Dati SDO 2009”, relativi ai ricoveri ordinari per disciplina 40 (Psichiatria), mostrano che a fronte di un numero assoluto di ricoveri (120.800) il tasso di ricoveri ripetuti in psichiatria (41.111) risulta essere fra i più elevati (34,0). (Rapporto Istat)

In base ai dati dell’indagine Istat sull’ospedalizzazione per disturbi psichici, i trattamenti sanitari obbligatori (TSO) mostrano un trend in leggera crescita negli anni 2005-2008, passando dal 4,16% del 2005 al 4,55% del 2008 sul totale delle dimissioni dei pazienti affetti da disturbi psichici. Il trend si conferma anche per l’analisi di genere, dove sono comunque presenti valori significativamente più elevati per il genere maschile. La classe d’età più rappresentata è quella 25-44 anni, per entrambi i generi. (Rapporto Istat)

Costi

Anche in Italia, come in altri Paesi industrializzali, i disturbi mentali costituiscono una delle maggiori fonti di carico assistenziale e di costi per il Servizio Sanitario Nazionale; si presentano in tutte le classi d’età, sono associati a difficoltà nelle attività quotidiane, nel lavoro, nei rapporti interpersonali e familiari e alimentano spesso forme di indifferenza, di emarginazione e di esclusione sociale. (Ministero della Salute. 11/10/2013)

Categorie a rischio

Secondo i dati illustrati oggi nel corso del congresso nazionale di Fenascop, le categorie più a rischio nelle malattie psichiche che colpiranno la popolazione nel 2015 sono i giovani fino a 25 anni, età nella quale si manifesta l’80% degli esordi della malattia. La depressione colpisce in particolare le donne che corrono doppiamente il rischio di ammalarsi. Anche i disturbi alimentari colpiscono di più le ragazze giovani e giovanissime, di età compresa tra i 12 e i 20 anni. (ANSA  14 aprile 2012)

Confronto con altre patologie: un’emergenza sanitaria trascurata

A questo, secondo gli specialisti del Fenascop, «si deve aggiungere un ulteriore 10% della popolazione che soffre di disturbi psichici lievi che non vengono statisticamente rilevati perché non riconosciuti come problemi psichiatrici. Tra questi – è stato spiegato – bisogna considerare le persone che soffrono d’insonnia, lievi attacchi di panico e altri sintomi legati a potenziali disagi psichici. Siamo di fronte a una emergenza sanitaria nazionale silenziosa e trascurata da tutti che avrà un costo sanitario e sociale enorme, superiore a quello delle malattie cardiovascolari e tumorali. (ANSA 14/4/2012).

Le possibili soluzioni

Attività dell’Unione Europea – Dopo la pubblicazione del Libro Verde “Migliorare la salute mentale della popolazione. Verso una strategia sulla salute mentale per l’Unione Europea” alla fine del 2005, l’Unione Europea, attraverso la Commissione, ha promosso un’intensa attività di consultazione, di confronto e di approfondimento sul tema, che ha portato alla formulazione del Patto Europeo sulla salute ed il benessere mentale, ufficialmente presentato nel corso di una Conferenza tenutasi a Bruxelles a giugno 2008.
Il documento, sottoscritto da tutti i Paesi dell’Unione Europea, individua le aree che richiedono maggiore attenzione, impegno programmatorio ed azioni concrete nell’immediato futuro, e precisamente:

  • Prevenzione della depressione e del suicidio
  • Salute mentale dei giovani e sistemi educativi
  • Salute mentale degli anziani
  • Lotta allo stigma e all’esclusione sociale
  • Salute mentale nei luoghi di lavoro

Tra il 2009 ed il 2011 sono stati effettuati incontri di coordinamento dei referenti nazionali, sono stati preparati documenti di approfondimento e sono state realizzate 5 Conferenze tematiche applicative del Patto, una per ciascuna delle aree tematiche individuate.
In parallelo è stata costruita una banca dati in cui sono state inserite, descritte e commentate, le policy e le buone pratiche segnalate dai Paesi con lo scopo di creare una sorta di bussola (“Compass”) che consenta di facilitare lo scambio e la divulgazione di esperienze e documenti di rilievo, ma anche di implementare sul campo il Patto e di suggerire linee di sviluppo futuro per azioni concrete in Europa nell’ambito della salute mentale. (Ministero della Salute. 11/10/2013)

La soluzione – secondo Giovanni Giusto, presidente nazionale di Fenascop – è da ricercare nell’affermazione di un modello di sanità pubblica che metta al centro il paziente e i suoi bisogni con lo sviluppo di sinergie tra la sanità pubblica e quella privata che deve essere chiamata a erogare livelli di standard elevato, garantiti da procedure di accreditamento di qualità delle strutture. Nuove figure professionali specializzate, comunione di esperienze e cooperazione efficace e efficiente sono gli strumenti necessari da implementare rapidamente. (ANSA)

Un simile panorama impone di disporre di strumenti di sorveglianza e di monitoraggio dell’entità del fenomeno e di diffusione di interventi terapeutici e preventivi, basati su evidenze scientifiche, atti a promuovere la salute mentale.
Anche a livello della Commissione dell’Unione Europea, è stata di recente sottolineata l’importanza delle informazioni rese disponibili da una attività di sorveglianza dei disturbi mentali nella popolazione. (Ministero della Salute. 11/10/2013)
Le principali priorità (cfr. anche il paragrafo Tutela della salute mentale) per l’età adulta sono:

  • la promozione di attività di ricerca epidemiologica nel campo dell’eziologia;
  • l’agevolazione del ricorso tempestivo ai servizi per consentire una presa in carico precoce delle patologie più gravi, quali la schizofrenia e il disturbo bipolare;
  • la diffusione nel SSN dei percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali, basati sulle prove scientifiche di efficacia, in particolare in ambito psicoterapeutico e riabilitativo;
  • la previsione nei LEA di percorsi di cura esigibili costruiti sui bisogni di cura.

Quelle per l’età evolutiva:

  • attuare programmi di prevenzione primaria dei disturbi mentali e di promozione della salute mentale fin dalle scuole materne ed elementari, con il coinvolgimento delle famiglie;
  • affrontare il tema delle emergenze-urgenze relative ai disturbi psichici in età adolescenziale;
  • favorire il raccordo e il coordinamento tra i servizi di neuropsichiatria infantile, i DSM e la rete complessiva della pediatria sostenendo la crescita di percorsi di continuità tra i servizi di neuropsichiatria infantile e quelli di psichiatria dell’adulto, accrescendo le competenze dei DSM e potenziando gli ambiti comuni di lavoro;
  • prevedere una revisione nei LEA nel campo della salute mentale dell’età evolutiva. (Rapporto Istat)

Per quanto riguarda i possibili interventi, bisogna tenere presente che le persone con un disturbo mentale soffrono le stesse conseguenze e che non tutti i disturbi mentali richiedono necessariamente un trattamento medico. Da ricerche condotte in vari paesi, compresa l’Italia, è emerso che nel corso di un anno solo il 2,0-2,5% della popolazione adulta viene trattato dai servizi psichiatrici pubblici o privati. Dal momento che circa il 20-25% della popolazione soffre in un anno, almeno una volta, di un disturbo mentale, solo il 10% delle persone colpite approda ai servizi specialistici. Fino ad ora è stata testata l’efficacia solo di una parte degli interventi psicoterapeutici e psicosociali praticati. Si è visto che possono essere efficaci anche interventi preventivi psico-terapici brevi (di durata inferiore ai 6 mesi) con solo una seduta settimanale, e interventi di gruppo, che permettono di migliorare il rapporto tra benefici e costi.

Detto questo, è importante accennare che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità una buona salute mentale comprende: avere una buona immagine di sé e una buona autostima; essere capaci di stabilire e mantenere relazioni non superficiali con un ampio spettro di persone; rispettare gli altri, non importa quanto differenti, ed essere capaci di  empatia nei loro confronti; essere capaci di affrontare e di gestire le più comuni fonti di stress senza gravi o prolungate disfunzioni; riuscire a trovare soluzioni realistiche e creative ai problemi; impegnarsi in attività costruttive; usare i doni e i talenti personali per migliorare se stessi ed essere utili agli altri; resistere a pressioni commerciali e sociali verso comportamenti ad alto rischio; analizzare criticamente le informazioni e arrivare a giudizi fondati. (Rapporto Istat)

La “Psicologia Sostenibile” e gli “Psicologi per Milano”

In considerazione dei dati sull’incidenza e prevalenza del disagio mentale nella popolazione, l’Ordine degli Psicologi della Lombardia e l’Assessorato alle Politiche Sociali e Cultura della Salute, in base all’intesa, si impegnano a mettere in atto iniziative per promuovere servizi di carattere psicologico accessibili alla cittadinanza, in particolare per fasce di popolazione in temporanea difficoltà economica, in regime sussidiario al Servizio Sanitario Nazionale.

Nel corso del 2012, l’Ordine ha realizzato in proposito una ricerca sugli enti privati e del privato sociale che si occupano di “Psicologia Sostenibile” e che desiderano promuovere delle offerte per i cittadini. Questo progetto, denominato “Psicologi per Milano”, intende realizzare una rete di servizi caratterizzati da sostenibilità economica, flessibilità di intervento, orientamento al sociale e radicamento territoriale. Con questi servizi il Comune di Milano stabilirà una forma di collaborazione basata su un “accreditamento” in base ai requisiti verificati e garantiti dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia, ottenendo così un servizio innovativo e con nessuna incidenza di costi sul bilancio dell’Amministrazione. (Documento dell’ordine psicologi della Lombardia: Accordo tra Ordine degli psicologi della Lombardia e comune di Milano – Protocollo d’intesa con l’Assessorato alle Politiche Sociali e Cultura della Salute su: Psicologia sostenibile, Psicologo nelle scuole e per affiancare i Medici di base- Settembre 2013)

La prevenzione del disagio giovanile. La psicologia scolastica

Il disagio in età evolutiva presenta caratteristiche epidemiche e può essere prevenuto e curato bene e rapidamente se l’intervento è precoce. Secondo il rapporto Sidca (2010) e dati Eurispes (2009) l’anoressia – bulimia è la prima causa di morte nelle adolescenti femmine tra i 12 e i 25 anni mentre, secondo dati Istat, a 13 anni il 55% degli adolescenti dichiara di consumare abitualmente alcool e il 20% fa uso di cannabis. Dilagante è poi il fenomeno del bullismo. Per un adolescente trovare la disponibilità di ascolto e cura psicologica competente nei suoi luoghi di vita può risultare essenziale. Ecco la ragione per individuare la scuola come luogo elettivo per quella prevenzione cui il Piano Socio Sanitario Regionale 2009/2011 della Regione Lombardia dedica un intero capitolo. Inoltre, la prevenzione del disagio giovanile prevede un professionista dedicato in 21 Paesi dei 27 dell’Unione europea, Italia esclusa (in Parlamento giacciono 13 proposte di legge non attuate in materia). In base a queste premesse, l’accordo tra l’Ordine degli Psicologi e il Comune di Milano prevede un’ampia collaborazione sia per diffondere una corretta informazione sulla prevenzione del disagio in età evolutiva in tutte le Scuole milanesi, sia per fornire la competenza di una figura professionale, come quella dello Psicologo scolastico, che garantisca interventi efficaci sui minori nel rispetto di un preciso codice tecnico e deontologico. ( Documento dell’ordine psicologi della Lombardia: Accordo tra Ordine degli psicologi della Lombardia e comune di Milano – Protocollo d’intesa con l’Assessorato alle Politiche Sociali e Cultura della Salute su: Psicologia sostenibile, Psicologo nelle scuole e per affiancare i Medici di base- Settembre 2013)

L’affiancamento dello Psicologo ai Medici di Medicina Generale

Recenti sperimentazioni evidenziano come la presenza dello Psicologo in affiancamento al Medico di base possa permettere un importante risparmio sulla spesa farmaceutica, nonché un miglioramento della soddisfazione degli utenti e del livello di salute. In particolare, risulta che iI 48% delle richieste ai Medici di base non sia motivata da problemi fisici e che il 24% dei pazienti che giungono all’attenzione del Medico presentino un disturbo psicologico qualificabile come depressione (10,4% dei casi), seguito da ansia (7,9%). Fra l’altro, il recente decreto Sanità del Ministro Balduzzi prevede l’obbligo per i Medici di base di adire a forme associate con altre professioni. ( Documento dell’ordine psicologi della Lombardia: Accordo tra Ordine degli psicologi della Lombardia e comune di Milano – Protocollo d’intesa con l’Assessorato alle Politiche Sociali e Cultura della Salute su: Psicologia sostenibile, Psicologo nelle scuole e per affiancare i Medici di base- Settembre 2013)

Altre iniziative (prima infanzia; psicologia online; emergenze)

Nel Protocollo sono infine previste altre iniziative comuni tra l’Ordine e l’Assessorato riguardanti la  progettazione di supporti tecnici professionali da utilizzare nei seguenti ambiti: definizione delle modalità di selezione del personale educativo da inserire nei servizi per l’infanzia; corretta attivazione di consulenze psicologiche online da fornire, soprattutto, ad adolescenti in crisi che percepiscono il mondo virtuale come più protetto e meno giudicante; indicazioni che l’Ordine può fornire al Comune per allertare equipe di psicologi in situazioni di Emergenza di carattere naturale (disastri, crolli, inondazioni, terremoti) o di ordine pubblico (sfratti, sgomberi), sia per affiancare le Forze dell’Ordine o la Protezione Civile, sia per intervenire direttamente nella gestione dei traumi psichici. ( Documento dell’ordine psicologi della Lombardia: Accordo tra Ordine degli psicologi della Lombardia e comune di Milano – Protocollo d’intesa con l’Assessorato alle Politiche Sociali e Cultura della Salute su: Psicologia sostenibile, Psicologo nelle scuole e per affiancare i Medici di base- Settembre 2013)

Definizione di salute mentale

Definizione di “salute mentale” secondo l’OMS

Con l’espressione salute mentale, secondo la definizione dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si fa riferimento ad uno stato di benessere emotivo e psicologico nel quale l’individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali, esercitare la propria funzione all’interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell’ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni. (Ministero della Salute. 11/10/2013)

Le disfunzioni dei servizi psichiatrici

In Italia ci sono un milione di pazienti  psichiatrici gravi, 200 mila cronici. E manca il 60% dei posti letto o di cura. Un ricovero in strutture pubbliche e case di cura costa tra 500 e 1.000 euro al giorno. E la mancata collaborazione con le strutture extraospedaliere (che costano 70-200 euro al giorno) deputate ad assistenza e cura dopo la fase acuta, provoca: eccesso di ricoveri, spese eccessive, interventi inadeguati e cronicizzazioni. Lo denuncia Federazione nazionale strutture comunitarie psicoterapeutiche (Fenascop), che oggi ha aperto a Torino il convegno nazionale. A 30 anni dall’entrata in vigore della legge Basaglia che ha chiuso i manicomi, nel campo dell’assistenza ai pazienti psichiatrici, si legge in una nota Fenascop, “assistiamo oggi a sprechi, divisioni e mancanza di dialogo” tra i diversi servizi. Gli sconfitti, secondo la Federazione restano i pazienti. “Con il principio di accreditamento – sottolinea in una nota il direttore scientifico Fenascop, Giovanni Giusto – si sarebbero dovute superare tutte le barriere tra pubblico e privato”. “Ciò nella realtà non avviene. Il servizio ‘pubblico’ – dice Giusto – tende a difendere il suo status quo e dà accreditamento a strutture terze, ma sempre e soltanto pubbliche”. A tutto questo si aggiungono gli sprechi: “Nella maggior parte delle Regioni – si legge in una nota Fenascop – non viene fatta un’analisi delle strutture pubbliche e private esistenti, salvo creare e mettere in rete nuove strutture pubbliche che generano concorrenza, tensione, illogicità e, in più casi, gestione privatistica del pubblico”.  Secondo la Federazione delle strutture comunitarie psicoterapeutiche serve “un modello di intervento veramente indirizzato alla cura e alla riabilitazione psichiatrica. La psicoterapia e la psichiatria non vanno ospedalizzate. Gli Spdc (Servizio psichiatrico diagnosi e cura) ospedalieri purtroppo non parlano con le realtà territoriali ed è quasi la norma che non sappiano o non vogliano sapere quali sono gli altri percorsi alternativi sul territorio. La maggior parte dei pazienti delle varie realtà non è la stessa degli Spdc”. Nel nostro Paese a fronte dei 15 milioni di persone che almeno una volta nella vita consultano uno psicologo-psicoterapeuta, uno psichiatra o un neurologo, si registra una grave insufficienza dei posti letto e progetti individuali (dal primo intervento in strutture ospedaliere alla cura e assistenza con posti letto e progetti individuali in strutture extraospedaliere): la necessità di 10 posti ogni 10.000 abitanti si scontra con una realtà che offre 4 posti ogni 10.000 abitanti, un vuoto del 60%.  (Roma, 18 marzo – Adnkronos Salute – Dati Fenascoop sulla salute mentale)

Il contributo del progetto Faber in Mente: lotta allo stigma e alla discriminazione in ambito psichiatrico

Organizzazione Mondiale della Sanità. “Conferenza Ministeriale europea sulla Salute mentale” –  Helsinki, Finlandia, 12-15 gennaio 2005  – Piano d’azione sulla salute mentale per l’Europa  – Affrontare le sfide, creare le soluzioni –

In questo documento l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riconosce tra le varie priorità la lotta contro lo stigma in psichiatria.  Al titolo II vi si legge: lottare collettivamente contro lo stigma, la discriminazione e l’ineguaglianza e responsabilizzare e sostenere le persone con problemi di salute mentale e le loro famiglie, in modo che possano partecipare attivamente a questo processo.

Al capitolo azioni, titolo III: affrontare stigma e discriminazione, garantendo la protezione di diritti umani e dignità, mettendo in atto la legislazione necessaria per favorire le persone a rischio o con problemi e mentalmente disabili in modo che possano partecipare in modo pieno ed equo alla vita sociale.

Al capitolo responsabilità al titolo IV: eliminare stigma e discriminazione, aumentando l’inclusione mediante la sensibilizzazione e attribuzione di potere alle persone a rischio.

A sostegno di queste dichiarazioni d’intenti, l’OMS denuncia l’esistenza di alcuni ostacoli che impediscono ad una parte consistente dei pazienti con problemi psichici di ricevere un trattamento specialistico per la cura della loro malattia, e tra questi ostacoli segnala lo stigma.

Il direttore generale dell’OMS Harlem Bruntland nella presentazione del rapporto 2001 sottolinea: Per errore o per scelta, noi siamo tutti responsabili per questa situazione. In quanto principale agenzia di salute pubblica nel mondo, l’OMS ha una sola strada: assicurare che la nostra sia l’ultima generazione a permettere che la vergogna e lo stigma regnino al di sopra della scienza e della ragione.

Il fatto che ancora adesso lo stigma interferisca sulla cura degli studi psichici segnala che questa preoccupazione è ancora attuale.

Lo stesso problema viene infatti segnalato anche nel nuovo rapporto del dipartimento della salute mentale dell’OMS dal titolo : Salute mentale e sviluppo – raggiungere il gruppo vulnerabile delle persone con problemi di salute mentale.

Questo rapporto è stato presentato dalle Nazioni Unite, presso la sede di New York il 16 settembre 2010. Tra gli elementi segnalati in questo documento si legge:

le persone con problemi di salute mentale e le loro famiglie devono fare i conti con le discriminazioni ed esclusioni nella vita quotidiana. Molto spesso sono vittime di violenze e di abusi sessuali. Spesso non possono esercitare i loro diritti civili e politici, e incontrano ostacoli se vogliono accedere ai servizi sanitari e sociali. Nel mondo la maggior parte di loro non è accettata nelle scuole spesso non trovano lavoro.

In una ricerca pubblicata dalla rivista Lancet nel 2009, condotta dal gruppo di studio INDIGO (International Study of Discrimination and Stigma outcomes) sono stati intervistati direttamente ed è stata loro somministrata una scala validata che misura la discriminazione e lo stigma, 732 pazienti affetti da schizofrenia reclutati in 27 paesi europei. Un aspetto molto interessante di questa ricerca è che l’intervista oltre a raccogliere informazioni sulle esperienze di discriminazione subita dai soggetti intervistati, ha permesso di rilevare importanti informazioni sull’autodiscriminazione, cioè sui comportamenti di evitamento delle situazioni sociali, elicitati dai pazienti stessi per evitare l’angoscia di sentirsi rifiutati o comunque di vivere un’esperienza negativa. In questa ricerca è stato messo in evidenza come lo stigma contribuisce al mantenimento della patologia. E’ infatti difficile non pensare che la percezione soggettiva di una persona che si considera indesiderata crei un carico di angoscia supplementare a quello riconducibile alla malattia stessa. I dati raccolti in questo studio riportano le esperienze concrete di discriminazione riferite dai pazienti. Esse possono essere così sintetizzate: i valori più alti di discriminazione sperimentata sono stati osservati nelle relazioni interpersonali. Il 47% afferma di essere trattato in modo discriminatorio nei rapporti con gli amici; il 43% all’interno delle relazioni familiari; il 29% nelle relazioni con i vicini di casa; il 27% nelle relazioni intime. In ambito lavorativo il 30% degli intervistati ha riferito di essere stato svantaggiato perché affetto da una malattia mentale (circa  nella stessa percentuale tra “trovare lavoro” e “mantenerlo”). I valori più bassi si sono così distribuiti: 20% nel mettere su famiglia; 19% negli studi; 17% nei rapporti con le forze dell’ordine; 14% nel trovare casa; 5% nello stipulare assicurazioni di diverso tipo; 4% nell’aprire un conto in banca; 3% nel votare alle elezioni.

Ma l’aspetto più interessante di questa indagine è quello di aver messo in rilievo l’importanza dello stigma interno che si costruisce in relazione e come conseguenza di quello esterno, e che mantiene lo stato di malattia. Tutto questo porta la persona affetta da una qualunque forma di disagio psichico (perché l’esperienza dimostra che gli effetti patogeni dello stigma non riguardano solo i pazienti affetti da disturbi psichici gravi ma anche quelli che soffrono di nevrosi) ad isolarsi e a subire questa condizione di prostrazione. Per queste persone, non solo per la vergogna ma anche per l’angoscia di sperimentare il rifiuto, diventa sempre più difficile parlare della loro esperienza di discriminazione subita. Anche perché come dimostra la ricerca, la maggior parte di queste esperienze riguardano i rapporti interpersonali e in particolare quelli affettivamente importanti (amicali, familiari e intimi) quelli cioè a cui è più difficile rinunciare.

Sulla scorta di queste evidenze la nostra associazione ha pensato di inserire nel proprio sito un questionario informatizzato per la raccolta delle esperienze di discriminazione patite dalle persone affette da disagio psichico. L’intento è quello di offrire loro uno spazio nel quale queste esperienze possano essere raccontate e condivise. Un modo per rendere accessibile a chi è interessato informazioni che normalmente rimangono negli studi dei terapeuti o vengono custodite forzosamente nelle menti e nei cuori dei pazienti.

Parallelamente a questa iniziativa sarebbe nostra intenzione avviare una campagna di sensibilizzazione sulla necessità di tutelare anche su un piano giuridico/legislativo i diritti delle persone con problemi psichici.

Come è noto l’articolo 3 della nostra costituzione condanna ogni forma di discriminazione compresa quella riguardante la condizione personale e sociale dell’individuo. Noi crediamo, in accordo al dettato costituzionale,  che la malattia, compresa quella psichica, sia appunto una condizione personale che non può e non deve essere discriminata. Siamo convinti, e la nostra convinzione è ampiamente supportata dai dati empirici fin qui evidenziati, che anche nel nostro Paese questa tutela costituzionalmente riconosciuta non sia a tutt’oggi sufficientemente applicata e che ciò costituisca un grave danno per l’intera collettività. Ricordo che l’OMS riconosce nello stigma un impedimento alla cura del malato psichico, evento questo, che viola un altro diritto sancito dalla nostra costituzione: il diritto alla salute.

Noi siamo assolutamente convinti che tutte le persone che sono costrette a subire una discriminazione (indipendentemente dal fatto che questa riguardi la razza, il genere, le credenze religiose, o altro), patiscano lo stigma non solo sul piano delle opportunità concrete (stigma esterno) ma anche e soprattutto sul piano psicologico. Pensiamo dunque che per tutti gli individui discriminati esista anche un problema di stigma interno che li porta alla vergogna, al senso di colpa e all’angoscia del rifiuto e che complica la loro esistenza. Ma l’esperienza clinica ci ha fatto osservare concretamente come il peso emotivo della discriminazione è più difficile da sostenere per chi, come le persone che soffrono di disagio mentale, si trova in una condizione di maggiore vulnerabilità psicologica. È quindi necessario dare il giusto rilievo ad un problema che non solo produce ingiustizia sociale ma che si configura anche come un importante fattore di mantenimento delle malattie mentali.

È per l’insieme di queste ragioni che abbiamo deciso di impegnarci come associazione di volontariato (Amici della Mente), come Dipartimento di Salute Mentale (Ospedale L. Sacco di Milano) e come singoli cittadini a dare il nostro contributo alla lotta contro questo odioso vizio culturale.

La nostra non è però una battaglia solo contro l’esclusione sociale ed emotiva delle persone affette da disturbi psichici, perché crediamo, in sintonia con le indicazioni dell’OMS e degli organismi che le hanno recepite, nella necessità di sviluppare iniziative orientate ad una azione “includente” la diversità presunta.

Abbiamo infatti avviato da tempo interventi di prevenzione del disagio psichico coinvolgendo i pazienti, i loro famigliari, gli studenti, gli insegnanti, alcune categorie di lavoratori (es. la Polizia di Stato) e la gente comune in progetti informativi e psicoeducativi.

In particolare, da circa quattro anni, con il patrocinio della Fondazione Fabrizio De André, è stato attivato un progetto denominato Faber in mente.

Questo progetto ha come scopo quello di utilizzare l’opera e il pensiero di Fabrizio De André in ambito psichiatrico per il raggiungimento di due obiettivi concreti: quello di favorire la diffusione empatica, attraverso il linguaggio della musica, del teatro e delle opere letterarie, dei concetti utili a contrastare i pregiudizi su tutte le forme di disagio psicologico e quello di intervenire nel processo di cura dei pazienti che soffrono di tale disagio.

Ulteriori approfondimenti

Come nasce il progetto Faber in Mente

I programmi del progetto Faber in Mente